Il Naufragio alle Isole Vestmann del 1984, raccontato nel film “The Deep” ha ulteriormente alimentato la nostra curiosità per questo arcipelago, famoso principalmente per le colonie di puffins, spingendoci a visitarlo in occasione del nostro ultimo viaggio in Islanda.
Indice
Naufragio alle isole Vestmann: il film
“The Deep” è un film del 2012 diretto dall’islandese Baltasar Kormãkur (regista anche dei film “Cani sciolti” ed “Everest”), attualmente disponibile su Amazon Prime Video, della durata piuttosto contenuta (1 ora e mezza) che racconta l’incredibile e vera storia di Gudlaugur “Gulli” Fridthórsson, un pescatore che vive ancora oggi a Heimaey, l’isola principale dell’arcipelago Vestmannaeyjar, nel sud dell’Islanda, sopravvissuto al naufragio del suo peschereccio.
Naufragio alle isole Vestmann: la trama
Le circostanze del naufragio
La sera dell’11 marzo 1984 Gulli e suoi colleghi si trovavano con il loro peschereccio Hellisey circa 6 km al largo della costa di Heimaey.
Verso le 22, piena notte da quelle parti, le reti da pesca si incagliarono sul fondale, probabilmente su qualche roccia lavica vista la natura della zona.
L’equipaggio non fece in tempo a sganciarle dall’argano e in pochi minuti l’imbarcazione si capovolse.
Dei cinque uomini a bordo, due morirono annegati sottocoperta, mentre gli altri 3 rimasero aggrappati alla chiglia del peschereccio. Tentarono disperatamente di liberare la scialuppa di salvataggio, senza riuscirci.
I superstiti
L’Hellisey affondò lentamente nel freddo mare islandese e dopo meno di un’ora i tre superstiti si ritrovarono in mare. La temperatura dell’acqua era pari a 6 gradi Celsius e quella dell’aria a meno 2 gradi.
Uno dei tre morì quasi subito, mentre Gulli e il capitano, che a quel punto erano gli unici due rimasti in vita, iniziarono a nuotare nelle acque gelide.
Non c’erano alternative, ma la situazione era disperata: in quelle condizioni un essere umano può sopravvivere al massimo per 20-30 minuti.
Gulli si ritrovò presto solo, unico superstite nel buio della notte. Indossava jeans e camicia, aveva i piedi nudi.
Non sapeva che gli abiti bagnati assorbono il calore del corpo molto più rapidamente, sapeva però che era indispensabile rimanere lucido.
Una scena del film che ci ha toccato molto è stata quella in cui Gulli inizia a concentrarsi su dialoghi immaginari con gli uccelli che volavano sopra di lui, mentre continuava a nuotare nella notte.
Pare che ad un certo punto si trovò anche relativamente vicino ad altre imbarcazioni, ma nella notte gelida nessuno poteva notarlo e lui non poteva farsi sentire. Gulli, piuttosto corpulento (125 kg), non era sicuramente uno sportivo.
Il salvataggio di Gulli
Si orientò grazie ad un faro presente nel sud dell’isola e ad altre luci provenienti da ovest.
Dopo circa 6 ore di nuoto raggiunse incredibilmente e miracolosamente la riva! Potreste pensare che fosse tutto finito e invece no: l’isola di Haimey, come tutta l’Islanda del resto, è un territorio vulcanico e l’eruzione che colpì l’isola nel 1973 rese le coste nord-orientali particolarmente accidentate.
Gulli si trovò quindi di fronte un muro insormontabile, con le onde che lo spingevano verso le rocce, costringendolo a rimanere in acqua e a nuotare ancora, verso sud, alla ricerca di un nuovo punto di approdo.
Quando raggiunse una scogliera meno ostile, mise finalmente piede sull’isola ma i problemi non erano finiti. Trovò infatti davanti a sé un enorme campo di lava, creatosi proprio con l’eruzione del 1973.
A piedi scalzi, iniziò a camminare sulle rocce taglienti come lame. Nel tragitto verso il villaggio, passando tra il vulcano Eldfell e il vulcano Helgafell, un abbeveratoio per le pecore gli permise di bere un po’ d’acqua. Anche questo non senza problemi: lo strato superficiale era infatti ghiacciato e romperlo non fu facile.
Dopo 6 ore di nuoto e 3 ore di cammino, con i piedi insanguinati e oramai stremato, alle 7 di mattina del 12 marzo 1984 raggiunse la prima abitazione dell’isola e venne soccorso.
La spiegazione scientifica
In ospedale non fu possibile misurargli né il battito cardiaco né la temperatura corporea viste le condizioni in cui si trovava.
Questo non gli impedì di sopravvivere e riprendersi senza particolari problemi. Gulli aveva solamente 23 anni all’epoca e questa storia risultò incredibile agli abitanti del luogo.
Nei primi giorni nessuno credette al suo racconto, finché non venne identificato il punto esatto in cui l’Hellisey affondò. Gulli dovette convivere con il dolore per la perdita dei compagni e con la sindrome del sopravvissuto.
Nel frattempo venne studiato da ricercatori e scienziati che non si capacitavano di come un essere umano avesse potuto compiere una tale impresa.
Alla fine si scoprì che il suo grasso corporeo aveva una particolare conformazione di densità che lo rendeva simile al grasso delle foche. Da quel momento Gulli prese l’appellativo di uomo foca.
Questa caratteristica gli permise di preservare gli organi vitali e il funzionamento dell’organismo anche in una situazione così proibitiva per la sopravvivenza. Ma al di là della spiegazione scientifica, questa storia rimane assurda e incredibile!
Nella parte finale il film racconta gli esperimenti che gli scienziati dell’esercito compiono su Gulli: messo a pedalare in una vasca ghiacciata insieme ad altri soldati, che si arrendono dopo pochi minuti, mentre lui continua relativamente tranquillo.
Il ragazzo però, timido e riservato, non ama le luci della ribalta e si stufa ben presto di essere trattato come una cavia umana.
Epilogo fino ai giorni nostri
Gulli decide di continuare la sua vita ordinaria alle Vestmann. Uscirà ancora in mare per alcuni anni, fino al 1987, prima di arrendersi agli incubi e alle paure. Trova un lavoro nell’industria del pesce, fonte di sostentamento primaria per gli abitanti di questo arcipelago, nel sud dell’Islanda.
La sua straordinaria impresa viene ricordata a marzo di ogni anno: i ragazzi della marina islandese nuotano in una staffetta di 6 ore (in piscina, ma a volte anche in mare) in un evento sportivo, dove Gulli premia i vincitori.
Il simbolo del naufragio
Quando abbiamo visto con i nostri occhi quelle scogliere, i campi di lava e quel mare… ci sono venuti i brividi pensando a questa storia!
L’abbeveratoio è oggi lì a bordo strada, insieme ad un cartello che ricorda l’accaduto, in un piccolo incrocio vicino a quelle scogliere che hanno permesso a Gulli di tornare a casa.
Nel blog trovate il racconto della nostra visita alle Isole Vestmann con i suggerimenti sulle cose imperdibili da vedere e, se siete appassionati di naufragi, non perdetevi l’articolo Cosa vedere a Belfast in 3 giorni! La capitale dell’Irlanda del Nord ospita il museo del naufragio più famoso del mondo: quello del Titanic!
…ciao 4 now!